I recinti di Don Pietraviva

SCHEDA DESCRITTIVA

Protagonista di questo romanzo è la piana del Pantano, vasto possedi­mento di cui si impossessa il marchese Benito Pietraviva, terra brulla sprofondata nella Calabria della prima metà del secolo scorso, in cui si svolgono le vite di miseria e desolazione di tutto un popolo che ruota at­torno al suo ‘benefattore”. E il marchese usa e abusa del suo potere per spostare i confini delle “sue” terre, cucire bocche troppo ciarliere, far sparire gente scomoda, con la complicità di un manipolo di fidati scagnozzi costretti a eseguire i suoi ordini per non perdere anche quel poco che hanno.

Si occulteranno cadaveri, si farà passare un omicidio per suicidio, si falsificheranno documenti, si “compreranno” autorità compiacenti e corrotte per apportare migliorie alla piana senza che peraltro i “poveracci*’ ne ri­sentano. tutto all’ombra di quest’eminenza grigia che. come un burattinaio diabolico, tira i fili nel teatrino del suo piccolo impero.

La vita di questi povera gente scorre sempre sul filo del rasoio: pollice: recto del marchese buona fortuna e abbondanza, pollice verso sciagure a non finire per uomini e bestie. E verso la tine del romanzo, striscia insi­diosa la serpe del fascismo e la guerra infuria. «Lo sfruttamento, la mi­seria, i soprusi e le violenze, sembrano poca cosa di fronte alle atrocità della guerra che si stava combattendo.» Per i deboli non c’è scampo: ver­ranno falciati o dai soprusi del padrone o da un colpo di fucile in trincea.

Ci troviamo di fronte a un romanzo che si riallaccia a tutta una tradizione di autori meridionali che narrano struggenti storie di un popolo disere­dato. sfruttato, abbrutito, a cui fa da contraitare un’aristocrazia terriera che da sempre tutto può e niente dà,

E il linguaggio è in sintonia con la trama. Cataldo Russo u»a una lingua ricca, abbondante, in cui spiccano paesaggi che prendono le forme e i co­lori dei quadri e fanno da sfondo alle tragiche storie degli uomini. La fitta presenza di un discorso diretto e schietto, in quel gergo parlato dagli umili proprio così come lo si parla “laggiù”, rende l’opera ancora più vera.